Il 25
gennaio del 2001 è la data in cui, alle 00:50, sono nata io. 3,030 kg di bambina
avevano fatto sì che mio fratello Manuel aspettasse quasi sette ore in
ospedale. Il mio adorabile fratellone, allora sedicenne, aveva da poco comperato
una videocamera, così, per l’occasione, quelle sette ore furono sfruttate
appieno per poterne studiare tutte le possibili funzioni. È per questo che su
svariati video dei miei primi minuti di vita appaiono scritte come “Sorridi”
che per una bella coincidenza della vita è il verbo che secondo molte persone mi
caratterizza, frutto, forse, della decisione dei miei genitori di chiamarmi
“Gaia”. Questo mi fa considerare i miei genitori e mio fratello dei veggenti; oppure
pensare che quando ho aperto i miei occhietti, prendendo atto della situazione,
ho valutato che potesse essere un bel pensiero da parte mia rallegrare i loro
animi e rispettare le loro aspettative!
Ebbene sì:
dai 3,030 kg che ero sono cresciuta e diventata i xx kg che non dirò per colpa
dell’intercambio che mi ha fatto scoprire nuove prelibatezze che sono solite
deliziare il mio palato… Perché, diciamolo: chi potrebbe resistere alle
succulente empanadas, al gustoso asado e all’ipercalorico dulce de leche? Per
non parlare poi delle tortas fritas tipiche delle giornate uggiose, delle chippa
paraguaye e del buonissimo budin de pan inventato per riutilizzare il pane
vecchio!
Bene, dopo
questo breve excursus sulle prelibatezze
locali, torniamo a parlare del curioso giorno in cui mia madre ha deciso di
regalare al mondo una mina vagante. Nella mia tuttavia breve vita ho passato
esattamente diciassette 25 gennaio, sedici dei quali in inverno.
Il 25
gennaio 2018 è stato però un “pochino” differente.
Partendo
dalla notte tra il 24 e il 25 gennaio, vi posso raccontare di come quattro
ragazzi si siano ritrovati a condividere una serata non del tutto pianificata.
Il 24, nel tardo pomeriggio, Pia, la ragazza tedesca, Ale, l’italiana, Paula,
l’unica argentina, ed io stavamo condividendo un’ottima merenda nel panificio
“El principito” quando mi arriva il messaggio di mamma Norma che mi chiede se voglio
rientrare per andare alla cena organizzata con il classico gruppo di amici con
cui siamo solite passare le domeniche o se preferisco cenare con i ragazzi. Io
le rispondo che, purtroppo, siamo arrivate nel locale da poco e che se per lei
non era un problema mi sarei fermata con le ragazze. Appena terminati i bizcochitos
e il milkshake condiviso con Pia, mi arriva un messaggio di Carlos, un amico
argentino, che mi dice che è sotto casa mia. Un secondo dopo mia madre mi manda
una foto di lei e lui con scritto “Viene via con me!”. Con le ragazze usciamo
dal negozio e a piedi, in dieci minuti, siamo a casa. Là un’amica passa a
prendere mamma Norma che, lasciandoci soli, dà inizio a quella che sarebbe
diventata un’improvvisata festicciola con i miei migliori amici. A mezzanotte
in punto, dopo aver fatto scomparire dal frigorifero una considerevole quantità
di hamburger, da un cellulare esplode la musica di felice compleanno con il
favoloso coro composto da Carlos, Paula ed Ale che a squarciagola cantano
“feliz cumplean᷉os!”.
Altro
cellulare che suona; questa volta è il mio che mi avvisa nella chat privata di
mamma Norma che alla cena con amici tutti mi auguravano felice compleanno con
una torta preparata a sorpresa da una volontaria di AFS. Considerata la mia
assenza, l’avrebbero comunque mangiata, seppur lasciandomene una porzione da
assaporare l’indomani.
Così è
incominciato il mio diciassettesimo compleanno: facendomi sentire in compagnia
delle migliori persone che avrei potuto desiderare.
Alle 10.30
di giovedì mattina una banda di dieci persone tra exchange students, i loro
fratelli ed altri amici, si è presentata sotto il portone di casa mia. Come
tutto era stato organizzato, siamo saliti in macchina e ci siamo diretti alla
“quinta”, una casa con piscina prestataci da amici. È proprio in questa che casa
inizia il miglior compleanno che io abbia mai avuto: un compleanno pieno di
colori, musica e amici preziosi conosciuti appena cinque mesi prima che hanno
saputo farsi amare come non ho mai amato nessuno.
Finito il book
di foto scattate sotto al manifesto di “feliz cumplean᷉os” ci siamo lanciati in
piscina e lì siamo rimasti fino all’ora di pranzo che, tre ore dopo, incombeva
con dei fantastici choripanes cucinati alla parrilla (griglia).
Arrivato il
momento della torta, mamma Norma ci ha fatto segno di uscire dalla piscina; aveva
in testa un cappello sbrilluccicoso e al collo una collana hawaiana. Guardando
il tavolo con le torte, mi sono accorta che c’era una cassa piena di cotillons;
velocemente ci siamo tutti lanciati verso lo scatolone, cercando di
aggiudicarci i travestimenti migliori. Così sono iniziati i balli a base di cumbia,
raggaeton e canzoni di carnevale, accompagnati da qualche fetta di torta proveniente
dai tre dessert accuratamente posizionati sopra al tavolo.
La festa è continuata fino a sera e alle otto ciascuno si è poi diretto
verso casa. Ci stavamo separando non perché fosse finita la festa, ma perché necessitavamo
di dormire e prepararci per la serata in discoteca! Così, all’1:15 di mattina, ci siamo ritrovati
alle porte di Puerto Juarez per far ricominciare una notte che non era ancora
finita.
Stanchi, ma felici di aver ballato tanto, alle 4:30 tornavamo a casa
dove mi stava aspettando un pigiama party con Ale e Abi, una mia compagna di
classe.
Il 25 gennaio 2018 non sarà stato di certo il mio primo compleanno, ma
vi posso assicurare che lo porterò con me per sempre perché è stato il primo
della mia nuova vita in Argentina, una vita che, passo dopo passo, sta diventando
quella che ho sempre desiderato…
Un grazie a tutti per aver voluto accompagnarmi nel ricordo di questo
giorno speciale,
Gaia